Il toponimo Cornea è documentato nel 958 in una donazione fatta da Gisulfo I ad Amato, Vescovo di Salerno. Il termine come si evince dalla stipula indica solo il fiume e non l’abitato, che verrà denominato con tale nome, probabilmente, nel corso del XIV o XV secolo.
L’idronimo Cornea deriva dal latino Cornius “corniolo” da cui Cornea, albero del corniolo. Dizionario Italiano di De Mauro.
L’insediamento di Costa della Corte, sito al di sotto di un sentiero che collegava la Faragna con le Pezze, Arpignano e la Sala di S. Martino, fu fondato, probabilmente, nella seconda metà del VII secolo da un famigliare o un exercitales legato al Faraman, residente nel villaggio longobardo di Faragna-Piano Antico. Il luogo particolarmente accline e costeggiato da due valloni e nella parte bassa dal fiume Cornea, costituiva per la sua vicinanza alla strada Faragna-Isca-Molinati il principale luogo di difesa e controllo dell’intera area e punto ideale per la costruzione di un centro dominico.
Il sito dove erano poste le abitazioni in legno dell’exercitales e del suo seguito erano poste nella parte bassa del costone, vicino al fiume Cornea, in un luogo piano e particolarmente adatto a diverse coltivazioni: orti, olivi, vite, grano e corniolo. Grazie alle capacità dei suoi abitanti e alla fortuna economica di un piccolo proprietario locale fu fondata una chiesa dedicata a S. Eustachio. L’agiografia del Santo, protettore della caccia, e la vicinanza alla vasta zona boscosa del monte Foresta favorirono l’estensione del culto a buona parte degli abitanti dei villaggi vicini, consentendo l’ampliamento dell’edificio e la costituzione di un ricco beneficio ecclesiastico.
Nel corso del Medioevo si costituì una vasta proprietà boscosa, appartenente alla Mensa Vescovile di Acerno, chiamata nel corso del ‘500 la Foresta di Monsignore. Non sappiamo i modi e le forme di tale accumulazione fondiaria ma possiamo ipotizzare che a una donazione iniziale da parte di un dominus ci siano state diverse compere e acquisizioni nel corso del tempo da parte dei Vescovi di Acerno. Costituita da molteplici varietà di alberi, soprattutto querce, prati e sorgenti di acqua, veniva affidata in fitto a diversi appaltatori mediante asta pubblica ad “accensione di candela”. Alcuni pezzi di bosco, limitrofi ai coltivi e agli abitati di Cornea, Molinati e Ferrari, furono assegnati in concessione feudale da parte della Mensa Vescovile a vari personaggi vicini alla chiesa vescovile con l’obbligo di disboscarli e migliorali, impiantando la vite, l’olivo e altri alberi da frutto.
La parte bassa, ricca di valloni e sorgenti, fu frequentata da eremiti provenienti da diverse parti dell’Italia Meridionale.
Il toponimo di Santa Maria dell’Eterno è composto dall’agionimo Santa Maria e un oronimo ternum, che indica “vallone roccioso o monte”. Dalla visita pastorale di Mons. Glielmi del 1665, apprendiamo che Santa Maria dell’Eterno veniva detta anche Santa Maria delli Valloni”. Da ciò si può desumere che in origine il culto era localizzato in una capanna eremitica o in un anfratto del monte Foresta: la tradizione identifica tale luogo nella grotta sottostante l’attuale santuario.
Il vallone della Madonna dell’Eterno non è l’attuale sito dove la tradizione pone la grotta ma è quello che precede il piazzale e l’attuale santuario. Nei vari documenti seicenteschi, infatti, il vallone della Madonna dell’Eterno e la via pubblica che conduceva alla piccola chiesetta sono chiaramente identificati con il vallone che dall’attuale piazzale scende al piccolo bacino del mulino e confluisce poi nel fiume Cornea. Nel mese di agosto del 1697, “il Capitolo di S. Pietro possiede un territorio con alberi di querce, olive e terra vacua ed incolta, sita e posta nel luogo detto il Moro, proprio nel casale Cornea, giusto i beni degli eredi del fu Agostino D’Alessio, giusto l’oliveto del Rev. D. Pietro Paolo e Orazio Provenza, corso dell’arcatura, Beneficio di S. Antonio della famiglia Notargiacomo, giusto il vallone di Santa Maria dell’Eterno”.
Nel tardo medioevo la presenza costante di pastori e contadini nel sito portò in auge il culto della Madonna della Terna, tanto che l’icona fu spostata dalla capanna eremitica a una nuova sede più confacente al culto con la costruzione di una cappella. I lasciti e donazioni fatte dai fedeli favorirono la costituzione di un beneficio, gestito dal clero locale.
La piccola cappella, probabilmente, fu costruita tra fine del Quattrocento e i primi decenni del XVI secolo su iniziativa concorde del Vescovo, del clero e dei fedeli. La tradizione locale, alimentata dalla fede del popolo, riconduce la scelta del luogo dove fu costruita la cappella al miracolo della neve, tanto cara alla tradizione cattolica nella edificazione della prima basilica mariana a Roma di S. Maria Maggiore.
Il periodo normanno rappresentò per il villaggio longobardo di Costa della Corte l’inizio di un lungo e lento spopolamento fino al definitivo abbandono, avvenuto, probabilmente, nella seconda metà del XII secolo. Nella parte est del Cornea, oltre a Costa della Corte, vi era un mulino, costruito, con molta probabilità, nell’XI secolo da un consorzio di piccoli proprietari e, in seguito, acquisito per metà da Guglielmo I, Conte di Principato. Nel XII secolo il manufatto molitorio passò nelle mani dell’Arcivescovo di Salerno, il quale, grazie alle sue prerogative feudali, monopolizzò la molitura del grano e dei frumenti prodotti a Montecorvino, costringendo i suoi vassalli a servirsi solo del mulino di S. Eustachio.
Il nuovo signore feudale favorì la nascita di nuovi personaggi, legati e fedeli alla Chiesa di Salerno, assegnando loro concessioni e uffici feudali. Grazie a questa nuova élite la sponda ovest del Cornea fu interessata dalla gemmazione di nuove piccole entità umanizzate, abitate dalle famiglie Gallo, giudice Amato, Cesaro, Caroprese e Damolidei. Costituite da case a corte chiuse con porta sotto arco, si svilupparono lungo l’asse viario Molinati-Cornea-Isca durante il ‘300.
La presenza di una vasta proprietà boscosa, appartenente alla Mensa Vescovile di Acerno, consentì nel corso del XIV e XV secolo un aumento dell’allevamento di pecore, favorendo l’arrivo di pastori da vari abitati di Montecorvino e Acerno.
Durante il ‘400 assistiamo a un aumento socio economico e demografico della popolazione dei vari piccoli borghi, alla costruzione e ampliamento del costruito e alla presenza di diversi nuclei famigliari appartenenti ai Corrado, D’Alessio, Salicone, Scafilo, Guerra e Damolidei.
Per leggere l’Intero testo vedi su www.montecorvinostoria.it. alla voce borghi: S. Eustachio