Nuovo campanile di S. Pietro
Alla fine del ‘500 Mons. Agellio, intenzionato a dare una nuova forma alla Chiesa di S. Pietro, fece costruire una nuova sacrestia a pianta quadrata sormontata da cupola e con finestra di entrata. Nel 1597, Giovan Battista Sparano, Vicario Vescovile, appaltò l’opera ai mastri cavesi Tullio, Innocenzio e Ippolito Lampiosa e Terenzio Sorrentino, per una cifra di duc. 100.
Completata la sacrestia, il presule pose mano al rifacimento dell’edificio, facendo costruire dodici archi, sei in “cornu evangeli” e sei in “cornu epistole”, nei quali si sarebbe ricavate ex novo dodici cappelle. Nel mese di luglio 1602, a completamento dell’opera, incaricò i Deputati Giuseppe Maiorini e Achille Comunale di appaltare a suo nome ai “magistri Gio Nicola Lambierto e Dattilo Amodeo” i lavori di ristrutturazione totale della tettoia e di costruire le finestre della chiesa. Sempre nel medesimo periodo si incominciò a costruire dalle fondamenta il nuovo campanile, ponendolo vicino alla sacrestia.
Negli anni ’30 del secolo si appaltò al “magistro Francesco De Mita di Cava” il completamento del campanile. L’opera non ar
rivò a buon fine, sia per l’imperizia del costruttore sia per negligenza dei “mastri fabbricieri, responsabili principali della costruzione. Infatti, il breve periodo intercorso, da agosto a novembre 1637, tra innalzamento del secondo e terzo ordine e il posizionamento della campana, fece sì che la struttura non reggesse a una settimana di pioggia continua. Il risultato fu un disastroso crollo di parte di esso e il lesionamento della fabbrica rimasta”.
Per rimediare a questa situazione fu commissionata una perizia tecnica ai “Tabulari della Città di Cava Gio Gaspare Lambierto e Gio Nicola Cafaro, i quali, constatando le colpe reciproche, ordinarono che il costruttore, mastro Francesco De Mita di Cava, doveva rifare l’opera a proprie spese, mentre i committenti dovevano pagare vitto e alloggio alle maestranze”. In realtà il contratto non fu onorato costringendo il nuovo Vescovo, Mons. Bonsi, a ricostruire, nel 1641, la “torre cembolaria” utilizzando anche un lascito del Can. Don Rinando Denza (pari a duc. 100).