CLAMOROSA SCOPERTA
Due amanti di Montecorvino Rovella
sono i veri Romeo e Giulietta
Il caso dei due giovani scoperto qualche tempo fa negli appunti ritrovati da padre Emanuele D’Arminio
La lapide che racconta la storia degli amanti
La lapide che racconta la storia degli amanti
«La pace è portata qui dove la spada uccise i corpi. Inorridisco nel riferirlo. […] I fratelli di Francesco cercano di convincere i petti crudeli, con l’aiuto della Vergine predicano buone parole a questa gente, così abbracciarono le destre dopo aver deposto la spada. Da ogni parte convengono quanti negli animi e nelle opere edificarono il tempio a cui è stato dato il nome della Pace».
Da questa lapide del 1874 edificata nella Chiesa di Santa Maria della Pace a Montecorvino Rovella, si deve partire per raccontare la storia di Davide e Maria Teresa, rampolli di due potentissime famiglie montecorvinesi, gli Arminio della frazione Nuvola, e i Damolidei di Ferrari, ribattezzati i “Romeo e Giulietta del Sud”, dal momento che numerose ricerche storiche sostengono che William Shakespeare si sia ispirato a questa storia e alla novella XXXIII del “Novellino” di Masuccio Salernitano, per scrivere la storia dei due innamorati veronesi. Ma per fornire una narrazione completa di questa toccante storia d’amore, che ha portato alla ribalta nazionale il piccolo centro picentino, bisogna partire dal 1971.
In quell’anno infatti lo storico Nunzio Di Rienzo, all’epoca capo scout, incaricò alcuni giovani lupetti di recuperare informazioni su quella che, ieri come oggi, era un misto di storia e leggenda, avvolta nel mistero. Dopo una lunga ricerca ed il colloquio con un frate francescano del complesso monumentale di Santa Maria della Pace, padre Emanuele D’Arminio (scomparso sette anni più tardi, nel 1978), i ragazzi riuscirono a fornire i nomi dei due innamorati. «Padre Emanuele D’Arminio – racconta Nunzio di Rienzo – era un lontano discendente della famiglia Arminio (il cui cognome nei secoli mutò in D’Arminio, appunto) ed egli aveva ritrovato tra le carte di famiglia, un quaderno con una copertina nera risalente agli anni ’30, non autografato, dal titolo “Fatti e misfatti della famiglia D’Arminio”. In quelle pagine si faceva riferimento alla storia delle battaglie tra le famiglie Arminio e Damolidei e alle vicissitudini amorose di Davide e Mariateresa».
Nel 1400 infatti, il territorio di Montecorvino Rovella era suddiviso in due parti: una di proprietà del Regio Demanio, l’altra invece della Mensa Arcivescovile di Salerno. Quando, verso la meta del ’400, l’intero territorio rientrò sotto la tutela del Regio Demanio, iniziarono le lotte tra le famiglie per la rivendicazione dei terreni. Tra le tante, le famiglie Arminio e Damolidei, nell’a nno 1518, erano quelle più agguerrite e spietate, che senza alcuno scrupolo, facevano strage dei prigionieri catturati, sezionando i loro corpi, poi avvolti in pacchetti di carta e venduti a caro prezzo alle famiglie originarie. Affinché gli venissero consegnati però, ogni volta che avveniva una cattura, il banditore della famiglia che l’aveva operata, si recava nel territorio dell’altra per annunciare l’esecuzione del prigioniero. Condizione necessaria per la restituzione di ciò che restava dei corpi, era la presenza al momento delle esecuzioni.
Ed è proprio durante una di queste esecuzioni che Davide Arminio e Maria Teresa Damolidei s’incontrano e travolti dal classico colpo di fulmine. Fu quello l’inizio di una lunga serie di incontri notturni che avvenivano grazie anche alla complicità di una guardia corrotta che, nottetempo, faceva fuggire il giovane Davide affinché potesse incontrare la sua amata. Ma le loro fughe segrete durarono poco, fino a quando una sera quella guardia, che tante volte aveva coperto il giovane D’Arminio, lo tradì facendolo catturare dalla famiglia Damolidei. Saputa la notizia, Maria Teresa, eludendo la sorveglianza dei familiari, si consegnò spontaneamente, in un estremo gesto d’amore, alla famiglia Arminio.
I Damolidei, catturato Davide ed ignari dell’operato di Maria Teresa, di buon mattino inviarono il banditore nella frazione avversaria per annunciare l’esecuzione. Durante la cerimonia di esecuzione, gli Arminio mostrarono a loro volta Maria Teresa. Soltanto l’intervento di padre Beniamino D’Enza, riuscì a fermare la strage esortando le due famiglie alla pace e al matrimonio. La richiesta fu accolta e sul luogo di tante brutali esecuzioni, venne eretta la Chiesa di Santa Maria della Pace, mentre i due fidanzati montecorvinesi, al contrario di quelli veronesi, vissero “felici e contenti”.
Mattia A. Carpinelli
(08 ottobre 2008)
Fonte: Ricerche storiche su Montecorvino Rovella (Nunzio di Rienzo)